Questo pagamento mi sta proprio bene: la moda dei wearable è inarrestabile

Roberto Garavaglia
Innovative Payments and blockchain Strategic Advisor

Il panorama dei pagamenti nella Grande Distribuzione Organizzata (GDO) si è trasformato notevolmente negli ultimi anni, evolvendosi in un ecosistema in rapida crescita, nel quale la moltiplicazione degli strumenti a disposizione dei consumatori riflette la costante spinta verso modalità di acquisto sempre più fluide, integrate e versatili.

In questo contesto, le soluzioni di incasso devono essere sempre più veloci, semplici e integrate nella quotidianità. Una delle frontiere emergenti si sta affermando grazie a piccoli oggetti smart che indossiamo ogni giorno: i “wearable payments”. Si tratta di dispositivi indossabili, come smartwatch, bracciali o persino anelli, in grado di effettuare pagamenti in modo rapido e sicuro, spesso senza che il consumatore debba neanche cercare il portafoglio o lo smartphone.

L’idea di fondo è quella di rendere l’esperienza di acquisto il più fluida possibile, creando un percorso d’acquisto senza attriti e potenzialmente ricco di vantaggi aggiuntivi per il retailer.

Caratteristiche generali dei wearable payments

I dispositivi per i pagamenti indossabili non sono tutti uguali, ma possono essere distinti in due grandi categorie:

  • Dispositivi “attivi” dove l’associazione della carta di pagamento avviene generalmente tramite un’App dedicata sullo smartphone o direttamente sul dispositivo (es. smartwatch). L’utente può digitalizzare la propria carta, sincronizzarla e gestire diversi metodi di pagamento.
  • Dispositivi “passivi” per i quali la carta di pagamento è associata tramite la tecnologia contactless e mediante l’ausilio di un’applicazione esterna (può essere una App dello smartphone) che acquisisce i dati della carta. Spesso questa operazione può essere effettuata presso il punto vendita o, anche autonomamente, tramite il portale del provider del servizio. Una volta associato, il dispositivo contiene un “token” della carta e, senza necessità di ulteriori setup, può essere immediatamente usato.

Questa differenziazione ha un impatto sia sull’esperienza dell’utente finale sia sulle opportunità di integrazione e di branding per le aziende della GDO.

Per entrambe le tipologie, le carte associate possono essere sia carte di pagamento internazionali (come Visa o Mastercard) sia carte privative, utilizzabili solo nel perimetro nazionale dell’insegna, sia essa una GDO o altro circuito retail.

I dispositivi wearable “attivi”

I dispositivi attivi, come gli smartwatch o le smartband, sono veri e propri “mini-computer” che l’utente porta al polso o al dito. Sono dotati di un’interfaccia utente integrata, come un piccolo schermo o un sistema di notifiche luminose e, non di rado, consentono la gestione diretta del pagamento. Questo significa che il consumatore può ad esempio selezionare la carta di pagamento direttamente dal display del dispositivo, confermare la transazione o, in alcuni casi, verificare il proprio saldo.

Il rovescio della medaglia è che, poiché questi oggetti includono componenti elettroniche più complesse, è necessaria una batteria interna da ricaricare periodicamente. Un elemento non trascurabile, in quanto l’autonomia della batteria può influire in modo significativo sull’esperienza quotidiana: se devo ricordarmi di ricaricare lo smartwatch ogni sera, sarò davvero motivato ad usarlo come strumento di pagamento abituale?

D’altra parte, la presenza di una batteria e di componenti elettroniche consente a questi device di ampliare la gamma di funzionalità: non solo pagamenti, ma anche monitoraggio dell’attività fisica (previo consenso dell’”indossatore” del wearable), ricezione di notifiche dallo smartphone, integrazioni con sistemi di ticketing, programmi di fidelizzazione digitali e molto altro.

I dispositivi wearable “passivi”

I dispositivi passivi, come semplici braccialetti in silicone o portachiavi o – ancora – anelli con chip contactless integrato, rappresentano invece la versione più essenziale del wearable payment. Non hanno schermo, non necessitano di una batteria interna e quindi devono essere ricaricati.

L’utente-indossatore non deve far altro che avvicinare il dispositivo al terminale POS contactless per completare la transazione. L’esperienza è semplice, immediata e senza fronzoli. Queste soluzioni sono spesso utilizzate per eventi, festival o all’interno di grandi catene commerciali che vogliono offrire al cliente un modo spiccio e innovativo per saldare i propri acquisti.

Il limite, ovviamente, è l’assenza di un’interfaccia e di funzioni più complesse: si tratta di un supporto “muto” che di per sé non offre, oltre al pagamento, altro che possa coinvolgere l’utente. Ciononostante, il piccolo dispositivo può essere utilizzato anche per associare sconti, coupon o carte fedeltà, aggiungendo così un livello di personalizzazione interessante.

In sintesi, la differenza tra dispositivi attivi e passivi sta soprattutto nel grado di interattività e di autonomia tecnologica: i primi sono piccoli terminali intelligenti, i secondi dei supporti più basilari ma più agili e leggeri nella gestione.

User experience del pagamento

Le modalità con cui si effettua il pagamento con questi strumenti wearable variano a seconda che si tratti di un dispositivo attivo o passivo, influenzando anche le logiche di autenticazione e di sicurezza.

Con un dispositivo attivo – pensiamo a uno smartwatch – l’utente deve compiere una serie di azioni minime: ad esempio, aprire l’app di pagamento o sbloccare il dispositivo per autorizzare la transazione. Questo passaggio, pur aggiungendo un piccolo step, garantisce un elevato grado di sicurezza. In conformità alla normativa PSD2, la Strong Customer Authentication (SCA) diventa parte integrante del processo: si può richiedere all’utente di inserire un PIN direttamente sul device per confermare i pagamenti, soprattutto se si superano determinate soglie di importo o se la serie di transazioni contactless supera i limiti previsti. In questo modo, il dispositivo attivo non solo paga, ma ricopre un ruolo attivo (o, per meglio dire, interattivo) nei processi di autenticazione tipici dei Mobile Proximity Payments[1], assicurando che chi lo indossa sia davvero il legittimo proprietario del metodo di pagamento

Nel caso di un dispositivo passivo, come un bracciale o un anello con chip NFC, l’esperienza è ancora più immediata. L’utente avvicina il wearable al POS e, se l’importo è sotto una soglia prestabilita, il pagamento va a buon fine senza ulteriori passaggi. Quando invece l’importo o il numero di transazioni cumulative senza autenticazione superano i limiti definiti dalla PSD2, il POS stesso richiederà l’inserimento del PIN sul terminale, come se si stesse usando una normale carta contactless. Questa soluzione semplifica enormemente il gesto del pagamento: non c’è da sbloccare nulla o da selezionare una carta, basta un semplice gesto.

Tuttavia (perdonate il gioco di parole), è bene ricordare di ricordarsi il PIN della carta associata al nostro wearable; diversamente, laddove ci si ritrovasse nei casi di inapplicabilità delle deroghe alla SCA per i pagamenti senza contatto, non si potrà portare a termine la transazione.

A questo proposito, precisiamo che la normativa europea (PSD2 e Regolamento Delegato UE 2018-389) consente di effettuare pagamenti contactless senza richiesta di autenticazione (ad esempio, senza inserire il PIN) solo se sono rispettati alcuni limiti:

  • Per ogni singola transazione: l’importo deve essere inferiore o uguale a 50 euro.
  • Nel complesso: la somma totale dei pagamenti contactless senza PIN non deve superare i 150 euro, né si possono effettuare più di 5 pagamenti di fila senza autenticazione.

Superato uno di questi limiti, al prossimo pagamento sarà necessario inserire il PIN o utilizzare un’altra forma di autenticazione.

[1] A titolo esemplificativo, i pagamenti effettuati tramite il proprio smartphone su cui è abilitato l’NFC presso terminali POS contactless, si ascrivono alla categoria dei Mobile Proximity Payments.

Come associare la carta di pagamento al dispositivo wearable

L’associazione della carta al dispositivo è un momento chiave, in quanto stabilisce il metodo di pagamento e rende il wearable effettivamente utile.

Per un dispositivo attivo, l’associazione avviene generalmente attraverso un’App dedicata sullo smartphone. L’utente inserisce i dati della propria carta nell’app, li verifica e quindi li trasmette al wearable, creando un legame digitale sicuro e crittografato. Questa procedura, un po’ più complessa, conferisce però maggiore flessibilità: l’utente può cambiare la carta predefinita, rimuoverla, aggiungerne altre e perfino passare da un metodo di pagamento all’altro con pochi tocchi.

Per un dispositivo passivo, spesso l’associazione è più semplice e può avvenire direttamente al punto vendita o tramite un portale online dedicato. Una volta programmato il chip con i dati tokenizzati della carta (ossia dati resi sicuri attraverso un processo di “mascheramento”), l’anello o il portachiavi è pronto all’uso. Non essendo possibile un’interazione diretta, il passaggio di setup iniziale è cruciale, ma una volta fatto non c’è nulla da gestire. Il dispositivo rimane un semplice “alias” della carta, pronto all’uso in qualsiasi momento.

Se vogliamo tracciare un confronto, i dispositivi attivi offrono un ecosistema più ricco e personalizzabile, mentre i passivi puntano tutto sulla rapidità e l’assenza di qualsiasi passaggio aggiuntivo.

L’inarrestabile ascesa dei wearable payments

La crescita dei wearable payments che, come abbiamo compreso, si inseriscono nel crocevia tra la naturale evoluzione delle soluzioni contactless già consolidate e quella dei pagamenti innovativi, è inarrestabile.

Secondo i dati dell’Osservatorio Innovative Payments del Politecnico di Milano, nel primo semestre del 2024 il valore delle transazioni digitali ha raggiunto 223 miliardi di euro, con un incremento dell’8,6% rispetto all’anno precedente e i pagamenti contactless rappresentano ormai quasi il 90% delle operazioni nei punti vendita fisici. I pagamenti Mobile e Wearable in negozio raggiungono quota 19,9 miliardi di euro, continuando a vivere crescite esponenziali. Rappresentano il 9% del transato con carta e il 12% del transato card present.

I vantaggi dell’adozione dei wearable payments

Da un punto di vista strategico e di marketing, i wearable payments non si limitano ad aggiungere una nuova modalità di incasso, ma possono rappresentare un vero e proprio strumento per valorizzare l’identità del retailer e migliorare il rapporto con il cliente.

Sul fronte della customer experience, questi sistemi abilitano un’esperienza pocket-free: il cliente non deve più estrarre contanti o carte, né aprire un’App sullo smartphone, bensì può pagare compiendo un semplice gesto. Ciò rende il momento del checkout estremamente fluido. Inoltre, si eliminano barriere all’acquisto anche per chi non ha la manualità, la pazienza o l’interesse a utilizzare metodi di pagamento più complessi. Questo tipo di soluzione può diventare particolarmente inclusivo, ampliando la base clienti. Il risultato? Riduzione delle code, minor frizione nella fase di pagamento e clienti più soddisfatti.

Dal lato della GDO, offrire pagamenti tramite wearable può rafforzare l’immagine dell’insegna come realtà innovativa, tecnologicamente aggiornata e attenta alle esigenze della clientela più digitale. Può, inoltre, favorire il cross-selling o la fidelizzazione attraverso l’integrazione nel device di carte fedeltà, sconti personalizzati o promozioni dedicate. L’aspetto “oltre il pagamento” è infatti uno dei punti di forza: il wearable può diventare un “contenitore” di servizi, coupon, incentivi e accessi privilegiati a promozioni, generando così un circolo virtuoso di valore per l’utente e per il brand.

Uno sguardo al futuro

Oggi, l’associazione del wearable a una carta di pagamento è la prassi più diffusa, ma il futuro promette ulteriori sviluppi. Con la crescente diffusione degli Instant Payments – bonifici istantanei regolati in pochi secondi – i dispositivi wearable potrebbero, in prospettiva, sganciarsi dalla necessità di avere una carta associata, effettuando pagamenti account-to-account in tempo reale. Questo scenario aprirebbe la strada a soluzioni di incasso ancora più dirette, riducendo l’intermediazione e le commissioni.

Una altra tendenza potenzialmente rivoluzionaria è l’introduzione della “branded currency”, ossia un sistema di pagamento basato su stablecoin o asset digitali ancorati a valute reali, che le aziende potrebbero sviluppare. Immaginate una GDO che emette una sua moneta digitale stabile e facilmente spendibile in tutti i suoi punti vendita, integrandola direttamente nel wearable. Il cliente potrebbe allora non solo pagare, ma accumulare crediti, sconti e vantaggi, alimentando un vero e proprio ecosistema di valore attorno al brand.

Conclusioni

In sintesi, i wearable payments rappresentano una tecnologia con un significativo potenziale di trasformazione del settore retail. Offrono la possibilità di ridurre al minimo gli attriti al momento del pagamento, di creare nuove opportunità di fidelizzazione e di differenziare l’offerta agli occhi dei consumatori più attenti all’innovazione. Responsabili innovazione, CFO e CTO hanno l’opportunità di integrare questa soluzione nelle strategie di incasso, migliorando non solo la user experience, ma anche la percezione del brand come realtà all’avanguardia.

Guardando a un futuro non troppo lontano, il wearable payment potrebbe integrarsi con sistemi di pagamento istantanei, valute digitali proprietarie e un ventaglio di servizi a valore aggiunto, inaugurando una nuova era di fluidità e creatività nella gestione dei flussi di cassa e della relazione con il cliente.